Farmer market, dovremmo conoscerli meglio?

di Redazione 2

Girovagando per il web abbiamo trovato un interessante documento sul quale ci piacerebbe riflettere insieme a voi. Più precisamente, si tratta di un’intervista pubblicata sul sito Terranauta.it sui tanto acclamati, quanto discussi, mercati del contadino, argomento del quale noi stessi ci siamo occupati piuttosto di frequente negli ultimi mesi. Infatti, come ben sapete, ogni qual volta nasce un nuovo farmer market io stessa sono felice di darvene notizia, in qualunque punto della penisola questo avvenga.

Tuttavia, forse non tutti sanno che ogni qual volta viene inaugurato un farmer market la sua apertura è puntualmente seguita da una scia di polemiche tra associazioni di categoria, polemiche alimentate, fra l’altro, da timori di concorrenza sleale e dubbi circa la reale utilità dell’introduzione di questa forma di vendita dal produttore al consumatore.

Per questo motivo ci è sembrato interessante fare un pò il punto della situazione approfittando degli spunti offerti dall’intervista dal titolo “I farmer’s market tra promesse e realtà”. Ad intervistare Vilmer Poletti, responsabile del settore Organizzazione comune di mercato del Servizio Produzioni Vegetali Regione Emilia Romagna, è Anastasia Scotto.

A parte le utili precisazioni su cosa debba effettivamente intendersi per farmer market, Poletti fa notare come nei mercati del contadino siano presenti non solo produttori provenienti  dal territorio comunale, ma dall’intera regione, e se il contatto tra produttore e consumatore in questi casi è fondamentale, la reale convenienza del prezzo di vendita dipende anche dal numero di km effettivamente percorsi dal prodotto per arrivare sul banco, cosa che, naturalmente, vale anche per i farmer market. Ne consegue che un produttore che percorre una distanza breve, venderà necessariamente la propria merce a un prezzo inferiore rispetto a uno proveniente da un’altra provincia della regione, e, dunque, che non sempre al mercato del contadino si spende meno che al supermercato.

Altro spunto interessante è quello che riguarda la questione dell’inquinamento ambientale, infatti, sempre secondo quanto affermato da Poletti, non è detto che una mela prodotta e venduta sullo stesso territorio provochi minor inquinamento ambientale di una prodotta oltreoceano. Poletti, fra l’altro, fa riferimento a una ricerca commissionata dal DEFRA, il Ministero per l’ambiente e l’agricoltura britannico, secondo il quale i km percorsi da un cibo per arrivare sulla tavola non rappresentano un indice valido di sostenibilità ambientale, mentre su questo fattore incidono  anche altri elementi come il metodo di produzione e trasporto, la spesa energetica e la stagionalità del prodotto (che chiaramente il farmer market deve garantire).

In conclusione, fermo restando che abbiamo fatto riferimento in maniera del tutto parziale all’intervista della Scotto, non è detto che recandosi a fare la spesa al farmer market si risparmi e neppure che sia dia una mano all’ambiente. Voi cosa ne pensate? Avete mai comparato i prezzi del farmer market con quelli del supermercato? E se è vero che la questione dell’inquinamento ambientale causato dal trasporto di merci è più complessa di quanto appaia, che ruolo ha, solo per fare un esempio, nella riduzione dell’impatto ambientale il ridimensionamento degli imballaggi?

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